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“Tutto il paese se ne stava raccolto intorno a loro che partivano; tutti piangevano a dirotto, e, quando i vetturini, impazienti, li pregarono di sbrigarsi, i lamenti e i singhiozzi si fecero più forti…”
Da “Viaggio Pittoresco dall’Alpi all’Etna” di Woldemar Kaden |
L'emigrazione è un fenomeno sociale ché interessa gruppi di persone, dello stesso territorio geografico e della stessa etnia che lasciano la propria terra, andando ad insediarsi in luoghi lontani, il più delle volte sconosciuti, luoghi di cui si sa soltanto qualcosa dai racconti, spesso falsi e mirabolanti, fatti da parte di gente interessata ad allontanare i bisognosi ed i disperati, magari per acquistare per un tozzo di pane le terre ed i beni dei partenti, oppure per lucrare sul costo del viaggio.
La motivazione primaria che spinse i nostri antenati a lasciare la Calabria era la fame e la miseria endemica che ha sempre afflitto questa Regione e che, si aggravo drammaticamente, dopo l’Unità d’Italia, con la requisizione, da parte dei “ piemontesi ” delle casse del Banco delle Due Sicilie (443 milioni di Lire-oro, all'epoca corrispondenti ad oltre il 60% del patrimonio di tutti gli Stati italiani messi insieme) da parte di quelle esauste del Piemonte, indebolite drammaticamente anche dalla guerra di unificazione. (1)
La prima persona ad emigrare era il capofamiglia, il quale, una volta trovati alloggio e lavoro, richiamava a sé, riunendo, il nucleo familiare.
In Calabria l'emigrazione ebbe inizio intorno al 1860 e in poco tempo assunse un ritmo impressionante, causando lo spopolamento di interi paesi e vallate.
Emigrarono soprattutto gli uomini, essi si avviarono verso la speranza di garantirsi migliori condizioni di vita, ma, allo stesso tempo, dovettero percorrere una strada d’umiliazioni e sofferenza per l’adattamento in un nuovo mondo, con un ricordo frequente della ormai lontana Calabria. |