Bruzi (latino Bruttii ), (greco Brettoi, Bretti ).
Antico popolo italico dell’Italia meridionale, di lingua Osca ma di origine incerta, abitante nella parte meridionale dell'attuale Calabria,
insediati tra il territorio delimitato dai boschi dell’altopiano della Sila e dai fiumi Lao e Crati ( l’attuale parte settentrionale della Calabria ).
Nel periodo della decadenza politica sociale ed economica delle pòlis magno greche, presero il comando sociale ed economico del
territorio, attestato dalle monete ritrovate, coniate con simboli di aquile e Giove tonante con scrittura greca “ Brettion ”.
Sottomessi dai Lucani, i Bruzi li servivano come pastori.
Resisi indipendenti verso la metà del sec. IV a.C. dai lucani, si diedero un'organizzazione federale con capitale a Cosenza, ( Consentia ).
In quel periodo Alessandro I, detto "il Molosso", re dell'Epiro ( 342-330 a.C. ), zio del Grande re macedone Alessandro Magno, che unificò l'Epiro e intrattenne rapporti d’alleanza con Roma, morì in Italia, nei pressi di Cosenza "vicino a Pandosia", combattendo contro lucani e bruzi,
in soccorso della colonia greca di Taranto.
I Bruzi ostili ai romani, nel 280 a.C. parteciparono alla battaglia di Eraclea schierati con Pirro, mentre durante la II guerra punica si allearono con Annibale, dopo la cui sconfitta furono asserviti dai romani. I Bruzi furono utilizzati, come avanguardie forti e impavide, nell’esercito romano.
Nel periodo storico, conosciuto col nome "età del Ferro", gruppi di genti di stirpe Indoeuropea penetrarono in Italia distribuendosi lungo l'arco delle dorsali appenniniche centro-meridionali. A loro fu dato il nome d’Italici, all'interno dei quali erano distinte le tribù dei Sanniti, Apuli, Campani, Lucani, Bruzi ed altri, tutti caratterizzati dal linguaggio comune definito Osco. Per tale ragione, essi vennero identificati dagli stessi Romani come un gruppo omogeneo cui venne dato il nome di Sabelli. La tradizione letteraria concorda nell'identificare i Bretti come pastori e/o servi dei Lucani che abitudinariamente vivevano da nomadi. Tali li definiscono, Strabone, Diodoro Siculo ( XVI, 15) e Pompeo Trogo in Giustino (XXIII,1,1-14); quest'ultimo autore, inoltre, conferma la loro discendenza dai Lucani e la vittoriosa rivolta contro quest'ultimi. I Bretti ci vengono dunque presentati come Popolo di stirpe Indoeuropea, di linguaggio osco, d’animo rude e bellicoso ( ad iniuras viciniorum prompti ) e a connotazione nomade, Platone parla di popoli nomadi e aggressivi per i quali usa il termine di Peridìnoi presenti in Italia . (Leggi, VI 777c).
I Bretti, tra la metà dell’IV° e la metà del III° a.C. , attaccano e conquistano diverse città magno-greche, (Terina, Hipponion, Turii e altre) sottraendo
loro territorio e risorse. La loro parabola va inquadrata nel contesto storico del tempo ove, contemporaneamente al declino delle pòleis magno greche stremate da continue lotte intestine e all'ingerenza militare dei tiranni Siracusani , si assisteva alla inarrestabile ascesa della potenza Romana. Le guerre combattute al fianco di Pirro re dell'Epiro prima, e di Annibale poi (guerre puniche), decretarono la fine della potenza brettia e la loro scomparsa come etnia autonoma organizzata: quasi tutto il loro territorio, con in testa Consentia (metropolis brettia) , faceva oramai parte dell'Ager Romanus ( II° e I° sec. a.C. ) Allo stato attuale delle nostre conoscenze, anche i ritrovamenti archeologici appartengono a materiali databili più o meno dall’IV° sec. a.C. in poi. Questa concomitanza temporale alla tradizione letteraria potrebbe confermare il carattere nomade
( con assenza d’insediamenti stabili ) del popolo derivato dai Lucani e la loro effettiva organizzazione socio-economica a partire dalla metà del IV° sec. a.C. Gli insediamenti stabili non raggiungevano mai la dimensione e l’organizzazione di una città, tanto che gli Italioti e la storiografia ad essi collegata , non li hanno mai percepiti come pòleis o modelli simili. In effetti, si trattava di "nuclei", che si ripetevano regolarmente e a breve distanza, composti da un Oppidum cui erano collegate delle "ville". L'oppidum, abitato dalla classe dominante ( guerrieri, magistrati e, forse,sacerdoti), era il luogo dove si svolgevano le riunioni-assemblee e si prendevano le decisioni importanti per la salvaguardia e lo sviluppo della comunità. Entro la sua cinta muraria era posta la necropoli, lo studio archeologico, della quale testimonia delle differenze tra classi sociali e delle ulteriori differenziazioni all'interno della stessa classe. Le tombe, a camera, contenevano tutta una serie di oggetti posti attorno al corpo inumato del defunto. Oltre a vasetti di ceramica di ispirazione greca e funzionalmente diverse a secondo del sesso del defunto, nelle sepolture maschili sono le armi (lance,spade,scudi,elmi,schiniere) a caratterizzare il rango del defunto, mentre nelle deposizioni femminili tale funzione e' svolta dai gioielli, sia in oro che in bronzo. Tali elementi ( armi e gioielli) sono per la massima parte di produzione italiota, a testimonianza della forte contaminazione culturale magno-greca del mondo brettio. Accanto a questi , tuttavia, coesistono armi di produzione italica, allo stesso modo sembra potersi dedurre la presenza di fabbricatori locali di oggetti bronzei.