Figlio di Giordano, fratello minore d’Antonello da Messina, fu infine
Salvo d’Antonio; di cui s’hanno notizie dal 1493 fino al 1522; mentre un documento del 1526 lo segnala come già defunto.
Figura dal profilo artistico assai incerto, attesa l’esiguità del suo catalogo; dopo la
Croce di Calatabiano (1502), ed il polittico di S. Pietro a Malta (1505), Salvo andò famoso soprattutto per il
Transito della Vergine (1509) del Duomo di Messina. Lavoro che, perito nel terremoto del 1908, fu giudicato dallo Scalia “
pregevolissimo per ampiezza di concezione e per finezza di esecuzione”; rilevandone soprattutto “
grazia nelle mosse e compostezza nelle pose”. Requisiti di stile che furono riconosciuti a Salvo anche dalle
Memorie dei pittori messinesi; laddove si ricordava il suo “
disegno, pieno di verità e di espressione, che rese incomparabile con la dolcezza del colorito in cui può dirsi che abbi toccato l’apice della perfezione”.
La sua pittura, lontana ormai dai modi d’Antonello da Messina, si formò tutta sul connubio dell’arte di Leonardo e di Raffaello quale fu svolto, allora, da Cesare da Sesto. Il quale, giunto già in Sicilia nel 1513, nel soggiorno messinese del 1517 ebbe modo di dipingere l’
Adorazione dei Magi, collocata oggi nel Museo di Capodimonte a Napoli.
E proprio dal dettaglio della Madonna col Bambino del dipinto di Cesare da Sesto, muove la tavola della Madonna del borgo della chiesa di S. Francesco a Stilo; che la Di Dario Guida assegnò, nel 1978, a Salvo d’Antonio: contribuendo ad arricchire, quindi, con un’opera notevole il suo scarno catalogo.