toscani. La pittura devota del Santafede, le cui opere trovano diffusione in tutta l’area meridionale, diventerà punto di partenza per molti pittori controriformati, come avvenne per il citato Azzolino. |
Parte integrante del maestoso altare maggiore era, inoltre, il prezioso Ciborio templiforme, anch’esso oggi presso la Soprintendenza di Cosenza; eseguito, nel 1754, da Frà Bernardo da S. Agata d’Esaro; un frate cappuccino operoso in altre chiese del suo ordine della Provincia cosentina. Sublime esempio d’arte monastica settecentesca, posto al centro dell’altare ed in grande evidenza, seguendo il modello proprio della Chiesa post-tridentina, il manufatto in esame presenta uno schema compositivo spesso ripetuto in altri esemplari presenti in chiese cappuccine, come in quella di Cetraro (CS) o di Orsomarso (CS), sia pure con qualche variante evolutiva. Intagliato nei soli tre prospetti visibili, è costituito da un’ossatura in legno di pioppo, rivestita da una tranciatura di noce con intarsi in madreperla, osso e sottili lamine argentee. La sua forma a tempio si sviluppa a più piani verso l’alto rastremandosi, con raccordi di mensole, volute e teste d’angelo, partendo dalla base ripartita in tre settori da quattro plinti decorati in madreperla. Su questi piedistalli poggiano piccole colonne binate, tortili e fasciate, con capitelli compositi, inquadranti lateralmente due nicchie, solitamente ospitanti statuine di santi francescani, e al centro lo sportello con l’emblema dell’ostia sorgente dal calice. Sopra di esso, in un arco, stà la colomba bianca, simbolo dello Spirito Santo. Il livello superiore è articolato da nicchie intervallate da doppie colonne tortili, con ghiera dell’arco ornata da motivi floreali. Infine, su questo piano, dopo la balaustrata in osso, si erge la cupola sormontata da una lanterna sulla quale s’innalza il Crocifisso. |