Nato a Cefalù nel 1572, Giovan Bernardo Azzolino (noto anche come Bernardino il Siciliano) all’età di 22 anni, insieme con l’amico pittore Luigi Rodriguez, si trasferisce a Napoli: capitale artistica del meridione d’Italia.
Lì, poco dopo, sposa la nobile palermitana Antonia d’India ed entra in rapporto d’amicizia con Fabrizio Santafede, rinomato maestro, che gli procura le prime importanti commissioni d’opera.
Da allora egli inizia una fortunata carriera che, oltre a consentirgli di dipingere per alcune grandi chiese di Napoli (Gesù Nuovo, Pio Monte della Misericordia, S. Maria della Sanità, Girolomini, S. Pietro Martire), gli procura anche una certa agiatezza economica e rango sociale.
Nella Napoli dei suoi tempi, governata dal Vicereame Spagnolo, s’agitavano diverse tendenze; v’era una folta schiera d’esponenti del manierismo locale (Francesco Curia, Giovanni Angelo d’Amato, Fabrizio Santafede, Ippolito Borghese, Girolamo Imparato), maestri della scuola toscana (Giovanni Balducci), stranieri di scuola veneta (Belisario Corenzio) o di scuola romana (Teodoro d’Errico). Fino al sopraggiungere, nel 1606, di Michelangelo Merisi da Caravaggio; che trascinò nel suo vortice d’arte molti pittori di vaglia: fra cui Battistello Caracciolo e Jusepe de Ribera, il quale sposò una figlia dell’Azzolino.
In tutto questo fermento di voghe correnti, Giovan Bernardo Azzolino ebbe il carattere di mantenersi sempre fedele ad un suo ideale di pittura: d’impianto classico, accurato nelle forme, con qualche ricercata eleganza di stile, sempre ispirato a un esibito pietismo: quel che si dice, in somma, una maniera di pittura riformata. Un genere oramai desueto, sorpassato dalle nuove tendenze ma pur sempre grato al gusto di committenti e intenditori: tanto che, nel 1609, il celebre poeta e scrittore Giovan Battista Basile gli dedicò una sua Oda in lode.
L’Azzolino, che morì a Napoli nel 1645, lasciò suoi dipinti, oltre che a Napoli e in Campania, in altre parti d’Italia: a Genova, dov’era stimato dai Doria, in Sardegna, in Puglia, in Lucania ed in Calabria.
Il catalogo calabrese dell’Azzolino comprende – finora almeno – cinque opere; dislocate in cinque città diverse della Calabria. Di cui daremo, in sintesi, un ragguaglio; procedendo dal nord al sud della regione.
|
La Vergine è incoronata da due angeli, che reggono ognuno lo scapolare. Mentre S. Nicola, ritto a sinistra con piviale e pastorale, stringe un ciuffo di capelli ad un popolaresco fanciullo coppiere; e S. Carlo, di fronte a lui, pone la mano, in atteggiamento devoto, sulla mozzetta rossa. Nel registro inferiore della tela, inginocchiati e affrontati, sono due ragazzi con gorgiera e corazza: eredi della casata Spinelli, titolare del feudo. La presenza di S. Carlo Borromeo, canonizzato nel novembre del 1610, pone un termine post quem per la datazione dell’opera. |